Circolo della stampa – MILANO 2001

Circolo della stampa – MILANO 2001

Conferenza Stampa Dr. Luca Dalloca, Circolo della Stampa Milano 19 Aprile 2001

Dai primordi della storia, l’uomo ha cercato di alterare la normale fisionomia del viso denunciando il bisogno della ricerca del bello e di affermazione nella società. Con il graduale sviluppo della scienza odontoiatrica, l’affannosa ricerca della perfezione estetica è andata scemando per lasciare il posto allo studio di caratteri puramente anatomo-funzionali. Questo è testimoniato dagli svariati studi in ortodonzia focalizzati proprio al dettare canoni estetici cui riferirsi nel trattamento di quadri dismorfici. Solo dagli anni ’50 si assiste ad un ritorno alla ricerca dell’estetica, unitamente al boom dei mass media e del desiderio da parte del pubblico di identificarsi nelle “star” dello showbuisness.

Un esempio di questa tendenza è l’esplosione della chirurgia estetica, in tutte le sue sfaccettature. In odontoiatria si sono ricercati canoni cui riferirsi, ma essi sono validi quasi solo nel trattamento delle dismorfie. Oggi, la ricerca merceologica ci permette, in campo restaurativo sia conservativo che protesico, di avvalerci di materiali sempre più affidabili e di sviluppare tecniche un tempo impensabili. L’obiettivo è quello di salvaguardare il più possibile la sostanza dentale sana attuando restauri ridotti al minimo e sempre più “invisibili”. Questa concezione fa parte della nostra visione di odontoiatria. La nostra convinzione risiede nel pensare che la migliore odontoiatria è la “non

odontoiatria”.

Le nostre energie sono prima di tutto focalizzate su una corretta informazione dei pazienti e su di un’attenta prevenzione. Noi siamo convinti che il nostro migliore successo è quello di riuscire a “non dover curare” un paziente, a riuscire cioè a mantenere nel tempo uno stato di salute limitando al minimo nostri possibili interventi. Trovandoci di fronte alla necessità di intervenire, ecco che sorge un interrogativo: come riabilitare un paziente, mancando in letteratura chiari riferimenti alla morfologia dentaria legata al sorriso ed alla fisionomia di un volto?

Si possono trovare autori quali Frush e Fisher o ancora Wehner che rispettivamente nel 1956 e 1967 suggeriscono di associare morfologia dentaria a sesso e personalità o di scegliere una forma di dente partendo dalla morfologia del viso, ma “gli elementi dentari sono spesso dissimili per sagoma e dimensione rispetto alla forma esterna del viso” (Wehner et al.. Selection of artificial teeth. J Pros Dent 1967; 3: 222-232) Quanto stiamo sviluppando, è ciò che manca nella letteratura: le ricette per riuscire a copiare la natura.

Partendo dalle regole classiche dell’odontoiatria, abbiamo avvertito la necessità di andare oltre, di non limitarci al trattamento del dente fine a se stesso ma del sorriso nel suo insieme, senza mai slegarlo alla fisionomia ed alla personalità del paziente. Ricordiamoci di un principio: il dente è in bocca e si vede col sorriso, il sorriso è nel volto ed il volto è il fulcro dell’espressione della personalità di ognuno di noi. Se un dente è “brutto” non si riesce a sorride con naturalezza e la nostra comunicatività con la società ne risente.

Ciò cui vogliamo per i nostri pazienti non sono denti semplicemente belli, ma volti felici, espressivi ed armonici, in altre parole “naturali”. Si è parlato di ricette per copiare la natura: in realtà esse non esistono. L’unica linea di pensiero che ci può fare avvicinare a ciò che potrebbe fare la natura è quella di giungere ad una pratica più completa che unisce funzione, psicologia, arte ed estetica.

Grazie all’arte ed alla comprensione dell’arte si può finalmente giungere alla comprensione della natura e, da qui, si può tentare di riprodurla nel nostro lavoro quotidiano. Molti articoli in letteratura ci fanno sapere ciò che piace e ciò che invece disturba l’osservatore, ma solo dalla scuola d’arte stiamo capendo le motivazioni che possono portare alle varie considerazioni che nascono dall’osservare un viso ed un sorriso. L’università, purtroppo, non dà ai giovani odontoiatri gli strumenti per poter arrivare ad una corretta visione estetica del loro lavoro. Il nostro suggerimento è quello di affidarsi a libri d’arte per poter comprendere come vedere e perché.

Alcune verità ed alcune credenze popolari.

· Per poter fare una protesi duratura occorre devitalizzare un dente.

Falso: per quanto possibile, è sempre meglio mantenere un elemento vitale. Un dente devitalizzato è più fragile di un dente sano e quindi più soggetto a fratture.

· L’amalgama è dannosa per la presenza di mercurio.

Questa affermazione è vera solo in parte: sicuramente vi è una certa percentuale di mercurio nella lega utilizzata, ma la quantità di mercurio liberata nel tempo dalle otturazioni in amalgama è estremamente ridotta, e comunque insignificante rispetto a quella che quotidianamente viene ingerita con la dieta.

· I denti belli sono bianchi e simmetrici.

I denti non sono bianchi, e tantomeno simmetrici. Questa credenza deriva dalla martellante informazione pubblicitaria che propone immagini di denti bianchi e di sorrisi “perfetti”. Il sorriso perfetto è solo quello che è proprio di ognuno di noi: il cosiddetto “Hollywood smile” con i denti bianchissimi e tutti uguali è quanto di più innaturale e visibile. Ricordiamoci che il migliore trattamento odontoiatrico è quello che non si vede!

· Ci possono essere rigetti in terapia implantare.

Il rigetto per gli impianti non esiste: le leghe di titanio utilizzate non generano rigetti, nella corretta concezione del termine. Sicuramente un fallimento della terapia implantare può accadere, ma non è implicabile direttamente ai materiali utilizzati.

· I materiali compositi utilizzati per ricostruire le lesioni cariose portano a necrosi pulpare.

Falso: con le nuove resine adesive, se correttamente utilizzate, un tale evento nondovrebbe accadere, al punto che la letteratura propone anche svariati successi con applicazioni direttamente in polpa delle resine composite.

· Laser in odontoiatria.

Indubbiamente un trattamento al laser riduce sensibilmente il disagio al paziente, potendo evitare l’anestesia. In chirurgia, tale ausilio può essere valido, ma solo in mani particolarmente esperte. E’ giusto sapere, però che un corretto utilizzo del bisturi dà risultati migliori, traumatizza meno i tessuti e dà cicatrici spesso invisibili. In conservativa, noi riteniamo che il non dover fare l’anestesia grazie all’utilizzo del laser non giustifica i tempi lavorativi ed i costi che un tale trattamento richiedono. Un sapiente utilizzo delle tecniche classiche è perciò preferibile.

· Telecamera intraorale.

Unitamente al laser, la presenza in studio di tale presidio è spesso sinonimo di prestigio. In realtà, il reale utilizzo pratico di una telecamera intraorale è limitato a pochi casi estremi, quali, ad esempio, il dover cercare un canale da trattare endodonticamente in un secondo molare in un paziente dalla ridotta apertura buccale.

Può essere sicuramente valido per far capire al paziente la propria situazione ed il trattamento che si intende eseguire, a patto che il far vedere su uno schermo una carie venti volte più grande del reale sia seguito dall’illustrazione della precisione e della qualità del restauro eseguito.

· E’ meglio una corona in ceramica di una faccetta.

Falso: il dover eseguire una corona richiede un notevole sacrificio di sostanza dentale sana. Inoltre, le faccette in ceramica hanno proprietà ottiche sicuramente migliori e la resistenza nel tempo pone tali restauri in testa alla lista delle possibili scelte terapeutiche, a patto che ve ne sia l’indicazione.

In conclusione giungiamo a qualche suggerimento da dare a quei pazienti che vorrebbero capire come scegliere l’odontoiatra cui rivolgersi:

1. In primo luogo, è meglio diffidare da quell’odontoiatra che guarda direttamente in bocca. Noi pensiamo che sia fondamentale parlare con il paziente, capire quali sono le motivazioni che lo abbiano portato da noi e far capire quali sono i possibili trattamenti che si possono attuare ed i risultati che si vogliono ottenere. Il dialogo in “prima seduta” è fondamentale per avere un rapporto costruttivo che vada anche al di là del semplice medico-paziente.

2. Sarebbe preferibile scegliere quel professionista che segue regolarmente corsi e congerssi di aggiornamento, dando maggiori garanzie che il professionista possa proporre con coscienza terapie che abbiano validi risultati scientifici.

3. E’ fondamentale affidarsi a quelle strutture che diano una garanzia di disinfezione e sterilità.

4. Il professionista serio dovrebbe spiegare attentamente le varie terapie possibili non tralasciando eventuali rischi e motivi di insuccesso.

5. Sarebbe preferibile visionare la documentazione di più casi trattati. Un professionista serio sarà orgoglioso di far vedere i risultati del proprio lavoro e non teme di spiegare gli insuccessi ed i motivi che vi stanno alla base.

6. Mai fidarsi di chi propone interventi miracolosi: non ci sono miracoli in una disciplina medica, e qualsiasi trattamento, anche perfettamente eseguito, può riservare imprevisti e, tali imprevisti, devono essere correttamente spiegati.

7. In caso di dubbi, è preferibile rivolgersi a più professionisti.